Comunicati | 26 Ottobre 2017 | Fabio Ciarla
Vincenzo Mercurio consulente enologo del bianco dell’anno Gambero Rosso 2018
Vincenzo Mercurio classe 1974, enologo “no style” col pallino della riconoscibilità dei profumi varietali e territoriali, della pulizia, del biologico come filosofia di vita. Anche grazie al suo contributo, il Fiano di Avellino Pietramara ’16 – I Favati ha ottenuto il massimo riconoscimento sulla guida ai Vini d’Italia 2018 del Gambero Rosso come miglior vino bianco italiano.
Come un direttore d’orchestra in azienda
“Il direttore d’orchestra cerca di legare tra loro i vari musicisti, di correggere le dissonanze tra gli strumenti, di spiegare la purezza della melodia alla quale l’orchestra può arrivare e, soprattutto dare una forma al suono. Portare tutto questo nelle aziende vitivinicole che seguo è sempre stato il mio modo di fare l’enologo. Anzi, il ‘non enologo’. Inizio dal vigneto, che deve essere sempre più integrato nella natura, dove voglio arrivare ad un impatto quasi nullo. Poi, quando il lavoro si trasferisce in cantina, le uve raccolte sono protagoniste, ma in un ambiente dove requisiti di pulizia perfetta e tempistiche eseguite con grande rigore fanno il resto”.
Questo, in grande sintesi, è l’impianto della filosofia produttiva di Vincenzo Mercurio, un enologo che nasce dal Sud -tesi col Professor Luigi Moio- che per approfondire la sua passione è andato in Francia, in Borgogna e a Bordeaux dal Professor Denis Dubourdieu, e per sperimentare la cultura sostenibile ha viaggiato tra Austria e Svizzera. Il suo percorso professionale, con una visione per costruire storie sempre più legate alla sostenibilità e al rispetto della natura, è iniziato nei territori del meridione d’Italia e si sta sviluppando in altre zone d’Italia.
Le ultime conferme alla qualità del suo lavoro di consulente, in ordine di tempo, sono arrivate quindi dalla guida del Gambero Rosso 2018 che ha selezionato e valorizzato molti tra i suoi vini, premiandone le personalità ben distinte, lontane anni luce dal concetto di una enologia stereotipata.
Il Fiano di Avellino Pietramara ’16 della Cantina I Favati, è dunque il migliore vino bianco dell’anno, vino in cui Vincenzo Mercurio ha lasciato che si esprimessero le caratteristiche particolarmente varietali di questo Fiano, nel rispetto della tradizione territoriale e del vitigno.
Gli altri suoi vini che hanno ricevuto i Tre Bicchieri evidenziano quanto il suo contributo come consulente sia improntato alla riconoscibilità e alla individualità del vitigno in relazione al territorio:
la Falanghina del Sannio Taburno ’16 di Fattoria La Rivolta, un vino declinato all’eleganza, reso netto e leggibile nonostante la naturale esuberanza del vitigno e la ricca fertilità dei suoli;
il Fiano di Avellino Vigna della Congregazione ’16 di Villa Diamante, che racconta in modo esemplare il “non interventismo enologico” di Mercurio: nella piccola azienda di un produttore che ha fatto della sperimentazione la sua regola di vita in una cantina ai limiti del garagismo, ha continuato nel solco tracciato dal fondatore;
il Greco di Tufo ’16 delle Cantine Di Marzo, dove ha concretizzato un progetto che Ferrante Di Somma, erede della storicità della produzione del Greco di Tufo nel comune di Tufo, aveva in serbo da tanto: la vinificazione parcellare delle uve provenienti dalle diverse vigne in proprietà;
ed infine, il Grecomusc’ ’15 di Contrade di Taurasi, ultimo Tre Bicchieri di questa cordata, che nasce grazie al recupero voluto da Sandro Lonardo di alcuni ceppi del vitigno ritrovati a Taurasi e a Bonito, in piena terra di Aglianico, un campo di sperimentazione aperto ogni anno.
Tanti vini diversi, tante espressioni tipiche di territorio, ciascuno rispettando origini, storia e tradizione, privi di qualunque forma di omologazione. Nel rispetto di una natura che si fa complice, con chi la sa ascoltare.
Fonte: Ufficio Stampa R.F.
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