Blog | 27 Settembre 2017 | Fabio Ciarla
“Storia Moderna del Vino Italiano” di Walter Filiputti
Servirà un libro che tracci la storia moderna del vino nel nostro Paese? La mia risposta è decisamente sì, mi sembra infatti molto utile poter fruire di un volume sufficientemente completo eppure scorrevole, con tanti spunti di approfondimento e alcuni focus sui personaggi che questa storia l’hanno fatta.
Il volume “Storia Moderna del Vino Italiano” di Walter Filiputti edito da Skira rappresenta proprio questo, un compendio ragionato di come l’Italia sia riuscita a crescere e modificare il proprio approccio con il vino negli ultimi 50 anni. Perché, purtroppo, il primo dato di fatto è proprio questo, siamo in netto ritardo rispetto ai nostri cugini d’oltralpe e solo accettando questo punto di partenza, a parere mio, si possono immaginare strategie utili ad “aggredire” l’immagine dei vini francesi. Se, infatti, possiamo sicuramente vantare produzioni qualitativamente paragonabili a quelle transalpine, non possiamo neanche paragonare né la qualità diffusa in alcune aree né il prezzo medio delle rispettive etichette.
Viene facile a Filiputti citare i personaggi più importanti del mondo del vino italiano, sono quelli già famosi e vanno da Antinori a Frescobaldi, da Tachis a Veronelli, da Incisa della Rocchetta a Boncompagni Ludovisi (per fare dei nomi). Nessuno può contestarli e nessuno che voglia parlare di vino italiano deve dimenticarsene. Un lavoro di questo tipo non può andare molto oltre questi punti fissi, anche perché in molti casi quelli che sono venuti dopo hanno solo emulato le gesta dei padri. Ma ci sono poi i cenni sulla ricerca, sull’importanza degli autoctoni e sulle fiere imperdibili, ci sono Simonit e Sirch come la Fondazione Edmund Mach, per finire con l’importanza della cucina italiana nel mondo e dei sommelier quali “intellettuali del vino”.
Il libro è suddiviso in tre parti: Rinascimento del vino italiano; Il vino italiano. L’innovazione; La geografia del vino italiano. Nella prima il capitolo fondamentale è dedicato a “gli uomini che hanno cambiato la storia” e sono quelli che abbiamo già citato, nella seconda invece l’impegno più importante è sui divulgatori e sui ricercatori mentre, nella terza, ampio spazio è dedicato a quelle realtà produttive che – suddivise per decenni e per territori – rappresentano in qualche modo “le eccellenze del vino italiano dagli anni sessanta ad oggi”.
Solo due le critiche che, nel mio piccolo, mi sento di muovere al prezioso volume di Filiputti. La prima sarebbe una formalità ma, forse, la dice lunga su un aspetto cruciale. Più che di storia “moderna” infatti, verrebbe da parlare di storia “contemporanea” visto che si parte dagli anni sessanta e settanta del secolo scorso. Il problema, forse, è quanto si diceva all’inizio, ovvero il ritardo dell’Italia (rispetto alla Francia) nel settore dei grandi vini. Insomma parlare di storia moderna potrebbe essere impreciso ma in effetti spinge a crederci più anziani di quel che siamo e, come si sa, nel vino saper invecchiare è un fattore positivo. Il secondo neo è magari frutto di una sensazione personale, ora lungi da me l’idea di intaccare l’importanza della realtà vitivinicola forse più grande e conosciuta d’Italia ma, ecco, ho trovato il libro leggermente “Antinori-centrico”. Al di là della scelta, necessariamente schematica, di individuare nella nascita del Tignanello il punto di svolta di tutta l’enologia nazionale, ho notato una piccola imprecisione, per esempio nell’evoluzione del brand “Fiorano”, e a parer mio una sproporzione rispetto ai vini piemontesi. Se, infatti, il Rinascimento in questo volume è individuato negli anni sessanta e settanta, è bene ricordare che con i grandi Barolo si va molto indietro rispetto a quei decenni, senza contare che l’area è quella ad oggi più avanti con la zonazione (altro fondamentale tratto distintivo dei grandi vini, sul quale l’Italia è ancora al passo).
Un libro comunque da leggere, sottolineare, a tratti da mandare a memoria, per il quale ringraziare gli esperti intervenuti sui vari temi ma soprattutto Walter Filiputti che ne ha curato la stesura insieme al comitato di redazione formato da Mario Busso, Davide Rampello, Attilio Scienza e Angelo Solci. Lo ritengo adatto ai semplici appassionati ma valido anche per gli esperti, proprio perché è ricco di dettagli e di particolari di una storia che, speriamo, possa diventare sempre più bella in futuro.
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