Rubriche | 21 Novembre 2019 | Fabio Ciarla
La Tuscia vitivinicola e il suo campione
La Tuscia vitivinicola ha un campione, ma non si tratta di un vino o un vitigno ma di un personaggio. Parliamo di Carlo Zucchetti, l’enogastronomo con il cappello. Bene, a lui va il merito di aver creduto – e doverci ancora credere per primo a volte – in un territorio ricco di eccellenze enogastronomiche, a cominciare appunto dal vino.
Un’area ben più vasta di quella ormai comunemente riferita all’alto Lazio, l’antica Tuscia (termine dal quale deriva teoricamente la stessa Toscana) era infatti estesa a parte della Maremma e alle zone dell’Umbria tra Narni, Amelia e dintorni. Il che significa fare anche un lavoro storico oltre che di critica enoica. Un impegno racchiuso in una guida, che sono due se aggiungiamo quella dell’olio di impostazione simile, che vede Carlo e il suo staff (Alessandra, Francesca, Riccardo ecc.) al lavoro per tanto tempo, una fatica che solo grazie ad uno sforzo corale riesce nell’impresa di raccogliere in un insieme coerente il tutto. Vini da vitigni diversi, autoctoni e internazionali, su areali obiettivamente differenti (si va dalle colline interne a quelle vicino al mare, passando ovviamente per il lago di Bolsena e la maremma del basso grossetano) ma tutti obiettivamente della Tuscia. Soprattutto se, come fa Carlo, ci si crede davvero.
Quest’anno, per la seconda volta, sono stato tra i degustatori delle finali della guida “La Tuscia del Vino“, come sempre nell’agriturismo “Il Casaletto“, ormai punto di riferimento importante per i gourmet del centro Italia. Una giornata di assaggi, soprattutto rossi nel mio caso, che ha messo in luce alcune novità e penalizzato alcune certezze teoriche, come è giusto che sia per una degustazione alla cieca. Le uniche informazioni che avevamo erano l’annata e l’area di provenienza, tanto è bastato per farsi un’idea di come si siano comportati i vini in funzione della stagione e appunto del territorio.
Inutile stilare una classifica degli assaggi in base all’area di provenienza, l’intento è diverso. Si tratta in effetti di premiare l’impegno di una persona che qualsiasi altro territorio dovrebbe desiderare, cioè un profondo conoscitore dell’enogastronomia, innamorato della propria terra, che lavora quotidianamente per promuoverla. Bene, la Tuscia ha trovato in Carlo Zucchetti il proprio campione, i Castelli Romani saranno capaci di trovare il loro? (conclusione del tutto “interessata”, frutto anche di un po’ di invidia…)
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