Comunicati | 1 Luglio 2015 | Fabio Ciarla
CREA: presentato il rapporto del commercio estero. Agroalimentare punto fermo del nostro export
Milano, 1 luglio — Nel 2014, il valore del saldo del commercio con l’estero si è attestato intorno ai 43 miliardi di euro (+47% rispetto all’anno precedente). Performance positiva iniziata nel 2012, quando ha avuta luogo un’inversione di tendenza rispetto alla dinamica negativa verificatasi nella bilancia commerciale italiana a partire dal 2004.
In un contesto di domanda nazionale ancora debole, il settore agroalimentare rappresenta un punto fermo nel panorama degli scambi commerciali Italiani, il cui peso aumenta dal lato delle importazioni e rimane stabile da quello delle esportazioni. La bilancia agroalimentare, quindi, riporta un deficit che si attesta a poco più di 6 miliardi di euro.
Le esportazioni, pari a circa 35 miliardi di euro, sono cresciute, rispetto all’anno precedente, in misura superiore alla media dell’economia in generale (rispettivamente 2,7% contro il 2% delle esportazioni totali). Taleperformance positiva è da attribuirsi all’aumento dei volumi esportati (4,6%) a fronte di una diminuzione del loro valore (-1,8%). Le importazioni si sono attestate su poco più di 41 miliardi di euro registrando una crescita del 2,9%, in controtendenza rispetto alla media dell’economia (-1,6%).
Riguardo all’andamento degli scambi per aree geografiche, le esportazioni verso il Sud America sono aumentate del 10,6% e quelle verso il Nord America del 6% circa. Le esportazioni verso l’UE-28 hanno segnato una variazione più contenuta rispetto all’anno precedente pari al 2%. Dal lato delle importazioni, è da sottolineare l’aumento del 42% circa degli acquisti dal Nord America, mentre diminuiscono del 21% circa le importazioni dai Paesi Terzi Mediterranei Africani.
Come dinamica relativa ai prodotti, per le importazioni spicca la crescita dell’aggregato dei crostacei e molluschi congelati (+15,3%), e dell’olio di oliva vergine ed extravergine (+ 17,6%). Per le esportazioni, pasta, conserve di pomodoro, vini rossi e rosati Dop confezionati, prodotti dolciari a base di cacao si confermano come primi 4 prodotti per importanza, tutti del Made in Italy, ma si evidenzia la crescita degli spumanti di oltre il 27% in un anno, e quella di panelli, farine e mangimi (+22,9%).
La “bilancia per origine e destinazione” mette in evidenza il peso dei prodotti destinati al consumo alimentare diretto, in totale circa l’84% per le esportazioni e il 52% per le importazioni.
Dal punto di vista della “bilancia per specializzazione commerciale” emerge che il peso degli aggregati di importazione ed esportazione netta sul totale rimane praticamente invariato rispetto al 2013.
«Il Rapporto sul commercio con l’estero dei prodotti agroalimentari – ha dichiarato Salvatore Parlato, Commissario Straordinario del CREA Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – si propone come uno strumento di analisi organizzato secondo criteri e categorie apprezzate dal mondo scientifico, che garantiscono la continuità con il lavoro svolto nelle precedenti edizioni, ma con nuove possibilità di aggiornamento e integrazione, anche grazie all’interazione con la banca dati on-line. E’, quindi, un appuntamento istituzionale di riflessione e approfondimento sulle evoluzioni degli scambi commerciali del sistema agroalimentare, nell’anno in cui ospitando Expo gli sguardi del mondo sono puntati sul nostro paese e sui suoi prodotti. Si è data particolare attenzione all’analisi delle voci per l’esportazione individuate con il termine Made in Italy, identificati dai consumatori all’estero come “tipici” del nostro paese, segnalando i principali mercati di destinazione dei prodotti e dei paesi clienti.
«Per quanto concerne i processi di internazionalizzazione – ha sottolineato nel suo intervento Gianpaolo Bruno, Direttore dell’Ufficio per la pianificazione strategica, studi e rete estera dell’Agenzia ICE – il settore agro-alimentare sta assumendo una morfologia complessa, in cui i vantaggi competitivi sono sempre di più associati alla capacità delle imprese di presidiare le catene globali del valore, attraverso modalità di collaborazione strategica che raggruppino produttori di beni e servizi interdipendenti, anche dislocati in paesi diversi, al fine di creare valore percepito per i consumatori finali».
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