Blog | 6 Agosto 2015 | Fabio Ciarla
Carussin e gli asini che non si fanno comprare (ma anche tanto altro, vino compreso)
“L’asino dà risposte pure, non si fa comprare”. Parte da qui, dal racconto di un episodio vissuto nella fattoria didattica il racconto della mia visita da Carussin e delle ore, preziose, passate con Bruna Ferro. Una lunga chiacchierata la nostra, che ha toccato la religione e l’educazione, la politica e la gastronomia, la salute, la birra, i figli, l’amicizia, la natura e… sì, tranquilli, anche il vino!
Ma torniamo agli asini, al fatto che sono animali che non si fanno comprare, perché trovarli in questa azienda è più che una coincidenza. Carussin infatti è un’azienda che punta al naturale ma senza dogmi o distinzioni manichee, certo Bruna è convinta della scelta della sua famiglia e te lo dimostra. Ti fa passeggiare tra le sue vigne, nei filari con l’erba alta ma con le viti ben ordinate (mente camminiamo non riesce proprio a resistere a mettere a posto qualche tralcio che spunta qua o là), su quella terra che ti invita a calpestare con attenzione perché… “senti quanto è morbida”? Ecco, in Carussin non c’è verso di comprare scelte diverse, senza troppa filosofia (se posso permettermi) ma molto senso pratico, in questa azienda a San Marzano Oliveto (tra Nizza Monferrato e Canelli) si pratica un agricoltura rispettosa dei luoghi e delle tradizioni. Non si vendono ricette di marketing, si mette in mostra quello che si è. Il che fa una bella differenza e diventa, a mio parere, un termine di paragone importante nella quasi impossibile impresa di definire il vignaiolo “naturale”. Chi legge il mio blog sa quanto sono poco incline a sposare la biodinamica e il suo lato alchimista, ma questo non significa che non apprezzi il lavoro di chi cerca di fare prodotti buoni intervenendo il meno possibile. E, tra l’altro, i vini di Carussin sono anche molto buoni. Il primo incontro è stato con la Barbera d’Asti Lia Vì, una versione piacevole e beverina di questo vitigno, da molti considerata quella più aderente alla tradizione. C’è stato ultimamente, durante una degustazione che ho avuto il piacere di guidare poche settimane fa a Collisioni, anche l’abbraccio con Filari Corti, mosto parzialmente rifermentato (da uve Moscato) volutamente declassato. Perché? Perché gli aromi espressi dalla vigna in cui questo moscato è allevato non rappresentavano quelli previsti dal disciplinare, forse sono troppi i fiori che crescono spontanei in mezzo alle viti… Ma poi c’è anche la Barbera d’Asti La Tranquilla (alla quale Bruna è particolarmente affezionata), l’Asinoi e il Carica l’Asino, questi ultimi con storie diverse ma entrambe legate alla passione per l’animale che è a tutti gli effetti il simbolo dell’azienda. E poi c’è il Completo, che avevo avuto modo di assaggiare all’ultimo Vinitaly e che è un po’ un’anticipazione del tema di EXPO 2015, ovvero la lotta allo spreco. Perché anche il frutto di uve già spremute per i vini più importanti può avere il suo posto, bottiglia da un litro e chiusura a vite per un rosso da bere tutti i giorni, magari in compagnia.
Da Carussin trovate tutto questo, o meglio quello che rimane in cantina visto che le esportazioni toccano il 97% del totale, ma anche l’agri-bar “Grappolo Contro Luppolo”, frutto delle passioni di Matteo, il più piccolo dei due figli di Bruna e Luigi Garbeoglio e sicuramente il più imprevedibile (al momento è ad Oslo, per dire). Luca invece, il primogenito, ha la forza tranquilla e lo sguardo sereno di chi sta bene dove sta, forse più simile al Giovanni Lindo Ferretti della maturità che campeggia tra i tavoli del locale e che mi ha fatto sentire subito a mio agio. Certo pure lui dando vita al birrificio artigianale Clan Destino un po’ è uscito dal seminato, o dai filari, di casa ma solo per esprimersi come singolo visto che comunque dà sempre una mano in cantina. Figli, famiglia, birra ma anche politica, a cominciare da Matteo, che ha fatto le sue scelte drastiche fin dall’esame di maturità, passando per il pranzo presso alcuni amici di Bruna, ovvero l’agriturismo La Viranda che offre una cucina di territorio squisita insieme a vini dedicati ai comandanti partigiani delle colline del Monferrato. E un po’, anche qui, mi sono ritrovato in mezzo ai ricordi delle pagine dei romanzi di Beppe Fenoglio che tanto mi hanno appassionato quando le ho sfogliate. La salute e l’educazione sono stati temi di discussione a tavola, mentre io e mia moglie tenevamo a bada la nostra piccola Petra e Bruna ci raccontava le sue esperienze di madre e di coordinatrice di una fattoria didattica. Perché anche questo è un impegno che ha messo in campo con grande serietà, studiando e inventando giochi educativi. “L’asino è un animale che dà risposte pure, non si fa comprare” è servito a Bruna per spiegarci quanto sia importante questo rapporto per i bambini, troppo spesso abituati a pensare che si può avere tutto, magari con un pianto o con l’intervento del portafogli dei genitori. Il fatto che l’asino non si faccia comprare da un po’ di buon pane spinge a capire come non tutto sia in vendita. L’educazione delle nuove generazioni dovrebbe comprendere anche la riflessione e l’invito a non considerare noi stessi come padroni di tutte le cose che ci circondano. Un insegnamento che solca il mondo del biodinamico e del naturale, le loro filosofie, anche se forse – a ben guardare – alla base di questo filo rosso c’è semplicemente un ritorno alla religiosità contadina dei nostri nonni. Ma si tratta di un concetto che fa così poco tendenza che è meglio farlo passare per tutt’altro.
Con questo mi pare di concludere degnamente il racconto di un’esperienza che porterò a lungo nei miei ricordi come l’ennesima lezione di vita arrivata dal vino. Mi direte che in tutto questo il vino c’entra poco, eppure senza l’amore di Bruna e del marito Luigi (il motore silenzioso dell’azienda) per la vigna e i suoi frutti, io nella loro casa non ci sarei arrivato…
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