Blog | 16 Settembre 2015 | Fabio Ciarla

Atlante geologico dei vini d’Italia, 7 ragioni per leggerlo (e una per criticarlo)

Premessa: Quando si parla di vino bisogna studiare (e non è la prima volta che lo dico)

Per parlare di vino c’è da studiare e bisogna farsene una ragione. Un concetto che credo ci aver fatto trasparire in ogni mio post, ma questa volta oltre al problema ci metto anche la soluzione. Un punto di partenza, non certo il compendio dal quale potremo capire ogni cosa, ma sicuramente un approccio innovativo e capace di orientare sulla retta via molte discussioni vinosofiche.

Parlo del volume edito da Giunti dal titolo “Atlante geologico dei vini d’Italia”, primo firmatario Attilio Scienza e poi Alessandra Giorgianni, Diego Tomasi, Federica Gaiotti, Federico Graziani, Luigi Mariani e Paolo Carnevali. Cerco di non farla troppo lunga, che di cose da dire ce ne sarebbero, e passo a elencare un po’ di ragioni per leggerlo e qualcuna, anzi una sola, per non leggerlo. O quantomeno per fare una critica negativa al pregevole lavoro fatto.

 

1) L’approccio

Ho avuto modo altrove di elogiare l’attenzione per i suoli vulcanici italiani. Qualcosa di unico e irripetibile, con evidenti ricadute sui vini che vengono prodotti. Diciamo che prima di leggere questo volume non conoscevo a fondo i motivi di queste diversità e quindi sono più che felice di sapere qualcosa in più. Ma non si parla solo di vini del vulcano e l’approccio dedicato al suolo come protagonista principale è coraggioso e lungimirante.

2) La prefazione

Nella prefazione a firma degli autori si legge tra l’altro: “Può apparire paradossale , ma nell’era della globalizzazione si stanno affermando modelli alternativi di produzione e di comunicazione che si basano su marchi di piccoli territori, per conferire identità a un vino e sfuggire al gusto omologato dei wineworld”. Ecco il consiglio è di mandare a memoria questa frase ma non perché prevede un elogio del “piccolo è bello”, quanto piuttosto per i riferimenti precisi ai modelli di comunicazione e al conferimento di un’identità ai vini. Identità e comunicazione, vignaioli italiani ricordate… identità e comunicazione!

3) La filosofia

Sempre dalla prefazione ma questa volta a firma solo di Attilio Scienza: “Quindi la qualità di un vino, basata sulle sue caratteristiche sensoriali, può essere sufficiente o buona, ma per essere eccellente deve avere un’aggiunta di valori immateriali che non risiedono nel vino, ma nello spirito, nell’umanità di chi lo ha prodotto e nel rapporto tra l’umanità di chi lo ha prodotto e l’umanità di chi lo beve”. Se in un vino non c’è la mano dell’uomo, il suo spirito, la sua umanità be’ allora… può essere tecnicamente buono ma niente di più.

4) L’introduzione

È ben fatta, si tratta di un compendio di riflessioni su terroir, clima, zonazioni ecc. che prepara ai contenuti veri e propri del libro. Accenni di chimica e di fisica, per spiegare come il suolo interagisca con la vite e soprattutto perché è così importante. A proposito del suolo si legge ancora nell’introduzione: “Il suolo rappresenta il fattore fisico che assieme al clima trasmette al vino l’essenza del luogo”. Mi pare un elemento di non poco conto, soprattutto per noi qui in Italia.

5) Gli strumenti

Per non lasciare niente al caso il libro è corredato di una parte dedicata al clima e una alle forme di allevamento della vite in Italia, oltre ad un riepilogo dedicato alla spiegazione delle parole fondamentali della geologia. In conclusione invece, oltre al glossario, c’è un’appendice dedicata ai principali vitigni incontrati nelle regioni esaminate. Si tratta di strumenti utili, quasi da studiare a parte o da sfogliare ogni tanto come ripasso.

6) Le degustazioni

La sezione principale del volume è dedicata alla scoperta dei singoli territori e dei vini che vi vengono prodotti. Si tratta di approfondimenti davvero ben fatti e completi, capaci di migliorare la nostra conoscenza di tante zone vinicole italiane.

7) La geografia e la geologia

Leggere l’Atlante significa ripassare la geografia nazionale e mondiale, oltre ad addentrarsi in un’introduzione alla geologia che, sicuramente, servirà sempre più spesso e in modo approfondito a chi vorrà dedicarsi al mondo del vino. L’Italia è ripartita in territori di origine sedimentaria, morenica, metamorfica o vulcanica e per ciascuna vengono analizzate le aree più importanti.

 

Perché NON leggerlo?

Be’ la critica è semplice: mancano territori importanti. Il progetto è basato sui quaranta anni di sperimentazioni dell’Università di Milano e del Centro per la ricerca per la viticoltura di Conegliano. Sarà forse perché gli studiosi erano tutti al nord, ma nelle zone analizzate mancano suoli di grande interesse per diversità e ampiezza, come quello del vulcano laziale o quello del Vulture. Bianchi sapidi da una parte e rossi strutturati dall’altra, ma sempre legati a doppio filo con la radice vulcanica dalla quale provengono e degni di essere inseriti in queste analisi. Speriamo in un’appendice nella prossima edizione dell’Atlante…

 

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