Rubriche | 6 Agosto 2020 | Fabio Ciarla
Terre della Custodia, ovvero di come da carbonai si diventa agricoltori
La famiglia Farchioni ha origini addirittura austriache, e qualche tratto somatico ancora ricorda le origini nordiche di gente che raccoglieva carbone, ma è ormai a tutti gli effetti una delle più rappresentative dell’agricoltura umbra. Olio, birra e anche vino, quest’ultimo con l’azienda Terre della Custodia, le cui etichette sono state presentate da Giampaolo Farchioni a Roma lo scorso luglio. A fare da guida nell’avventura vitivinicola della famiglia Farchioni il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, che dal 1998 – anno di avvio della cantina con sede a Gualdo Cattaneo – è il consulente enologo dell’azienda che ad oggi raccoglie ben 180 ettari vitati, una grande struttura produttiva su due piani, un fruttaio e tanti vitigni diversi. Oltre agli autoctoni come Grechetto (sia il G109 sia il G5), Trebbiano Spoletino e ovviamente Sagrantino, i vigneti della famiglia Farchioni sono infatti arricchiti da filari di Merlot e Pinot Nero, senza dimenticare Montepulciano, Sangiovese e lo Chardonnay.
“All’inizio il dottor Cotarella non voleva scommettere sul Grechetto – ha detto Giampaolo Farchioni – ma alla fine la sfida è stata vinta e ne siamo tutti contenti. Nel vino i risultati arrivano solo con il tempo e per raggiungerli ci vuole qualcuno che ti segua e sappia guidarti”.
Una guida che, supportata ora da uno staff interno all’azienda, ha messo sul mercato una produzione importante, con alcune particolarità davvero originali, come la bottiglia (forma registrata e protetta con una presa specifica) e il richiamo della spada legato ad un passato di schermidori di alcuni membri della famiglia.
Nella serata di presentazione sono stati degustati il “Gladius” 2014, uno spumante metodo classico millesimato realizzato con uve Chardonnay e Pinot Nero, il Montefalco Grechetto Doc 2019, l’Umbria IGP Rosato 2019 (Pinot Nero, Merlot, Sangiovese), il Montefalco Rosso Riserva Doc “Rubium” 2014 (Sangiovese, Sagrantino, Merlot), il Montefalco Sagrantino Docg 2015 e il Montefalco Sagrantino Passito Docg “Melanto” 2015.
Proprio il Melanto, la versione dolce e concentrata del Sagrantino dunque la più tradizionale, ha conquistato l’attenzione grazie ad un bel naso di frutta matura nel quale si evidenziavano datteri e mele cotogne, ma anche un leggero accenno di acidità volatile (assolutamente nella norma) che contribuiva a rendere più fresco il naso e viva la beva, nonostante l’alto residuo zuccherino.
Una carrellata tra innovazione, tanta, e tradizione. Una serata in compagnia di una famiglia che racconta la sostenibilità come concetto agricolo complessivo, dall’olio al vino, e che non si spaventa di fronte alla sfida di fare grandi vini investendo sul territorio.
Lascia un commento