Blog | 20 Agosto 2015 | Fabio Ciarla
Cascina Garitina tra grandine, screwcap e il Nizza che si fa in tre
Gianluca Morino e la sua Cascina Garitina non hanno bisogno di molte presentazioni, chi ama il vino e frequenta l’informazione online si sarà di certo imbattuto in qualcuno dei suoi post, racconti di vita vissuta in vigna e in cantina. Come quello del 9 agosto scorso “Txxxx di una grandine di merda.”, sì col punto finale, perché non serve dire altro per chi i vigneti li conosce davvero e non ne parla dal comodo salotto di una fiera. Il nemico più temuto, insieme a numerosi altri, per la stagione vinicola è arrivato a Nizza Monferrato e dintorni ancora il 9 agosto, come nel 2002 quando la grandinata fu devastante anche perché seguita da 20 giorni di pioggia con interi appezzamenti che non vennero vendemmiati. Questa volta sembra andata un po’ meglio, nei vigneti di Cascina Garitina danni tra il 10 e il 30%, forse più simile a quanto successo nel 2013 (in quel caso si associò una tromba d’aria, questa volta invece “solo” venti forti), ma nei dintorni a qualcuno è andata peggio. Raccolti compromessi e danni che si rifletteranno anche sulla produzione delle prossime vendemmie essendo stati colpiti i tralci, parliamo di Costigliole D’Asti, ma anche qui a macchia di leopardo. Il problema, o la fortuna, è che, come si dice dalle mie parti, “’a gragnine ‘a spartisce a rasaletti”. Si tratta di un’antica espressione dialettale che chiarisce come la grandine sia solita cadere non uniformemente, tanto da colpire in maniera diversa lo stesso appezzamento suddiviso appunto dai “rasaletti”, i piccoli viottoli in terra battuta che dividevano le vigne.
Con Gianluca Morino si riprende quindi un discorso iniziato a metà luglio, quando ero in zona per il festival Collisioni a Barolo e mi sono concesso una visita a Cascina Garitina. Un pomeriggio caldo, passeggiando tra quelle vigne che ora sperano in un clima secco e ventilato per poter guarire al meglio possibile dalle ferite del 9 agosto. “Al momento sono fiducioso – mi racconta Gianluca – faremo una selezione in vigna nei prossimi giorni e poi, se servirà, anche al momento della raccolta, al limite in qualche caso passeremo a macerazioni più veloci sulle bucce per evitare di estrarre tannini troppo duri o legnosi. C’è comunque la speranza che con un po’ di caldo e con il vento che qui non manca mai gli acini più danneggiati possano seccare e fare una pulizia naturale. In realtà hanno retto meglio le uve più mature, anche a causa dello stress idrico infatti gli acini erano meno turgidi e hanno opposto meno resistenza alla grandine. Le uve più indietro invece, ancora verdi e dure, hanno riportato danni maggiori. Comunque la stagione è anticipata, il che è un bene, e le temperature finalmente permetteranno una maturazione migliore grazie all’escursione termica che per molte settimane è mancata. Dobbiamo solo sperare che il maltempo non porti ancora tanta pioggia”.
Nella chiacchierata fatta davanti ad un bicchiere di Niades14 ghiacciato (mosto d’uva parzialmente fermentato o, come recita il nuovo claim: “#freedom sweet to be free”) non si è parlato solo di vendemmia e di previsioni ma anche di innovazione e tradizione. Termini difficili da quantificare (dopo quanti anni una innovazione diventa tradizione?) a maggior ragione se applicati alla chiusura dei vini, da tempi immemori affidata al sughero. In Italia si sa, per certe cose siamo ostili ai cambiamenti, ma Morino è convinto che la migliore chiusura per tutti i tipi di vino sia ormai chiaramente identificabile nel tappo a vite. E non siamo alle previsioni, siamo all’attuazione di un progetto che deriva da una “scelta tecnica di qualità” in funzione di ripetibilità, omogeneità, programmabilità, comodità e sicurezza. Già da cinque anni tutta la linea “Vera” (Barbera Piemonte DOC, Dolcetto D’Asti DOC, Merlot Piemonte DOC) è chiusa con lo screwcap, dall’ultimo imbottigliamento anche il Niades14 ha un tappo a vite (speciale visto che si tratta di un vino frizzante) così come il rosato. Ma presto arriveranno sul mercato, chiuse con tappo a vite, anche le annate 2014 di Villalta (Barbera D’Asti DOCG, senza solfiti) e Alfero (Pinot Nero Piemonte DOC) e si tratta di prodotti di altissima qualità come sottolinea Gianluca: “Il miglior Villalta che ho mai fatto, e anche il Pinot Nero è ottimo, in barba a chi pensava che l’annata 2014 sarebbe stata un disastro ovunque”. Ma non finisce qui, il progetto tappo a vite in Cascina Garitina non è una moda e infatti è partita in questi giorni anche la “provocazione” del 3+3, ovvero l’allestimento di cartoni di Bricco Garitta 2014 (Barbera D’Asti DOCG), l’etichetta numericamente più importanze dell’azienda, formati da tre bottiglie chiuse con tappi tecnici (Diam3) e 3 con screwcap (Korked). Lo scopo è, anche, quello di coinvolgere i consumatori e gli operatori, dando la possibilità di fare confronti e di lasciare i propri personali pareri sul blog o sulla pagina Facebook di Cascina Garitina. Un modo senz’altro originale per porre l’attenzione su un tema ormai molto discusso, che non può più essere accantonato.
Vigna, cantina e Social, queste le linee portanti di questo pezzo d’uomo di due metri che ha appena lasciato, dopo 9 anni, la fatica di essere presidente dell’Associazione dei Produttori del Nizza (dopo aver raggiunto, tra gli altri, il traguardo della DOCG “Nizza” – fino a ieri era sottozona nella dizione “Barbera D’Asti Superiore Nizza” – e la definizione di un’identità precisa e spendibile). Proprio con i Social ho avuto modo di incontrarlo le prime volte e proprio sfruttando le nuove tecnologie, in quel caso con gli hangouts di Google+ (qui e qui), sono riuscito a farlo partecipare ad uno dei miei corsi di introduzione alla comunicazione online con grande soddisfazione mia e dei partecipanti.
Sarà per questo che mi sono guadagnato una piccola anteprima… Sta prendendo corpo una nuova creatura in Cascina Garitina, anzi tre nuove figlie di quel Neuvsent che dal 1994 rappresenta la punta di diamante dell’azienda oltre ad essere il riferimento del progetto Nizza (dal luglio 2016 le prime bottiglie Nizza Docg). Sono già state imbottigliate infatti singolarmente le produzioni dell’annata 2013 delle tre vigne che davano vita, assemblate, al Neuvsent e che appunto saranno etichettate con i nomi dei singoli appezzamenti. Un modo per conoscere ancora meglio il territorio e apprezzare le differenze che sprigionano le singole colline, perché l’Italia è piena di “cru” che devono solo essere scoperti. E comunicati.
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